Giulia si era seduta a quel tavolo del bar sulla spiaggia, si sedeva sempre al tavolo sulla destra, l’ombra della palma le permetteva di sorseggiare il suo caffè e leggere senza essere colpita da quell’onda di calore di Luglio. Non ricorda neanche quale libro avesse fra le mani perché quel giorno qualcosa di più forte catturò la sua attenzione, un incontro che avrebbe potuto trovare dimora benissimo nelle pagine dei romanzi. Al tavolo accanto due ragazzi ordinarono due caffè, era chiaro dal modo in cui si rivolgevano l’uno all’altro che non dovevano conoscersi da molto. Parlavano con un tono di voce pacato ma la vicinanza le aveva permesso di prendere parte al dialogo, da spettatrice intendiamoci.
Si incrociavano i loro sguardi per rapidissimi secondi, l’impatto era così intenso che faceva immediatamente allontanare le pupille che si erano poggiate su quelle dell’altro. Se ne sarebbe accorto anche un passante, la forza di quello scambio generava energia tangibile. Loro no, loro continuavano a disquisire sul gusto del caffè, sugli orari lavorativi, sulle mete ambite per le prossime vacanze, sul colore delle pareti delle proprie case. Argomenti presi a caso per riempire i silenzi che avrebbero potuto generare imbarazzo, più di quanto ne stavano sperimentando.
I loro corpi protendevano l’uno verso l’altro ma se le mani casualmente si sfioravano mentre gesticolava lei o mostrava una foto lui, ecco che si ritraevano come se si fossero scottati e si ibernavano nuovamente, trincerati nei loro corpi, sulle loro sedie.
Giulia avrà perso uno snodo cruciale, come vi erano giunti chissà ma si erano ritrovati improvvisamente a raccontarsi come mai vivevano da soli senza condividere spazi, dentifricio e racconti quotidiani con un’altra persona.
Lì fu evidente, a quel tavolo non stavano seduti una ragazza e un ragazzo ma due ferite sanguinanti che per paura di infettarsi rimanevano sul ciglio della propria esistenza senza spingersi oltre il bordo.
Lui iniziò a posizionare sul tavolo sentimenti di smarrimento, la fine di una storia può far male, trasformare il modo di essere di una persona, spronarlo ad essere migliore ma renderlo allo stesso tempo lontano dall’amore. Lui che aveva acquistato casa con una donna che immaginava la madre dei suoi figli, si ritrovava quelle pareti attorno così spesse, quelle stanze così vuote da fare eco. Aveva tinteggiato le pareti, aveva scelto nuovi quadri, aveva un cane che dormiva per terra accanto a lui sul divano, aveva ricostruito la sua vita ma da quando lei era andata via senza concedergli una spiegazione, neanche una bugia, si era dedicato solo al lavoro e alla pittura. Con il tempo aveva corteggiato qualcun’altra ma storie di poco conto, finivano solamente con lenzuola stropicciate al mattino, colazioni fredde e qualche messaggio senza sostanza e direzione, senza desiderio.
Lei sembrava più sicura ma appena iniziò a mostrare il suo taglio da guerra, si colse la fragilità che era insita in lei, quella che desiderava essere abbracciata più di ogni altra cosa al mondo. Stava indossando l’abito bianco, l’ultima prova prima del fatidico giorno quando lui in macchina pronunciò un discorso confuso per porre fine a quello che doveva essere il loro inizio o comunque il secondo capitolo di una vita insieme, scelta ogni giorno con convinzione, passione, legame. Inutile qualsiasi tentativo di tener insieme, comprendere dove il meccanismo si era inceppato, provare a mettere dell’olio fra gli ingranaggi. Nessuna intenzione di restare. Fuggire è sempre la via dei vigliacchi. La fuga di lui però l’aveva condotta lì, e se quello fosse stato l’evento che doveva indirizzarla all’istante che stava vivendo?
Avevano una storia allo specchio, si erano mostrati ferite così profonde e così conosciute che forse l’uno poteva ricucire quelle dall’altro, sapevano cosa occorreva. Eppure scambiarono qualche battuta, due risate, si allontanarono dai loro occhi ancora una volta e ancora una e poi si alzarono, si salutarono, andarono via.
Giulia li seguì con lo sguardo, lei andò verso la riva, lui verso l’edicola sul lungomare. Si sarebbero incontrati ancora? Perché non abbandonavano quei discorsi attaccati alle labbra con una colla scadente e non avvicinavano le dita per sfiorarsi, sentirsi, far scomparire qualche cicatrice?
Perché non si erano concessi l’opportunità di sentirsi ancora fragili ma insieme? Perché non si erano riparati fra le loro braccia. Si cercavano così tanto.
Ancora Giulia spera che ci sia stato un altro caffè e che non siano arrivati neanche a finirlo.
Brividi.
Si resta come funamboli ,sospesi tra l attesa del dopo e i mille perché che ronzano dentro i personaggi.
Si spera che il caffè non finisca e le parole cadano dentro come zucchero della bustina ad addolcire la vita di entrambi.